Fuga di Cervelli Dall’Italia: Sono Ben Nutriti E Stanno Tutti Bene

Il  post  Mille testimoni scomodi di Marco Cattaneo ha risvegliato in me istinti di ribellione che mi ripromettevo tener sopiti riguardo un argomento quanto mai caldo: la fuga di cervelli dall’Italia alla ricerca di un futuro dignitoso. 

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Photo credit: dogbone

Li ha risvegliati perchè affrontando questo argomento è facile cadere in due errori di valutazione, ed anche perchè da tempo aderisco al modello Bart Simpson.

Non esiste una fuga di cervelli dall’Italia, esiste una fuga e basta

Negli ultimi anni mi è capitato di conoscere diversi italiani che se ne sono andati, ed anche se la mia esperienza personale non fa statistica non posso fare a meno di notare che chi se ne va non è necessariamente un laureato o un ricercatore.

Stefano gestiva un pub qui a Roma che frequentavo spesso con gli amici, lui era uno di loro. Un bel giorno sen’è andato dall’Italia. Non a fare il ricercatore ma a fare la stessa cosa in Messico. Ora gestisce due locali in una località turistica balneare messicana. Lo chiamano Don Stefàno.

Francesco è un astronomo che divide la sua vita tra Europa ed Usa e che col suo staff scruta il cielo alla ricerca dell’asteroide killer, quello che dovrebbe spazzare via la vita dalla faccia della terra. Lui può essere considerato uno di quei cervelli di cui tanto si parla. L’ho conosciuto il mese scorso durante una piacevolissima conversazione. Con le logiche geriatrico-ammicco-rivoltanti non ha dovuto mai averci a che fare; se n’è andato subito dopo la laurea.

Il Brasile, che è la mia seconda casa, sta vivendo una invasione di italiani che mi ha sorpreso. In particolare a nord-est, terra di mare, sole, spiaggia e palme. Non vanno li a fare i ricercatori, e neanche ad aprire attività commerciali (o per lo meno non solo).

Comprano casa e si trasferiscono perchè lì hanno la possibilità di vivere tranquilli e fare una famiglia con dei bambini (spesso con ragazze brasilane). Attenzione ai facili sarcasmi, sto parlando di persone giovani, entusiaste e positive, e non di turisti sessuale.

Sta aumentando anche il numero di pensionati che invece di vivere bistrattati come sacchi di patate qui nella parte di mondo ricca ed industrializzata preferiscono vivere in Brasile con più dignità e, perchè no, concedendosi il lusso di un pò di divertimento dopo una vita passata a lavorare.

Quando si tratta il fenomeno della fuga restringendolo solo ai ricercatori universitari a mio avviso si snatura il fenomeno sminuendone la valenza reale.

Riguardo il secondo fraintendimento …

Chi va all’estero non sogna  triste e sconsolato il ritorno nel proprio paese

… giovani che sono costretti ad emigrare per cercare opportunità  lontano dalla loro casa …

Non ti sembra di intravederli tristissimi, che camminano mestamente al tramonto, col fagotto legato al bastone poggiato sulla spalla mentre, con sguardo chino, camminano verso l’orizzonte per poi scomparire là dove muore il sole? E’ il leif-motiv quando si tratta l’argomento, ma è anche un falso ideologico!

Stefano non se ne andrebbe dal Messico per tornare in Italia neanche se lo pagassero ("Nun ce penso proprio"). E stiamo parlando di un paese nel quale se vogliamo la vita è molto più difficile e difficoltosa. Eppure perchè non ha la minima intenzione di tornare?

Conversando con Francesco tra una tartina, una battuta ed un sorso di spumante ho atteso pazientemente un momento di silenzio per soddisfare una curiosità che mi stava ribollendo dentro: "Ma tu torneresti in Italia se avessi una opportunità?". Mi ha guardato senza rispondermi subito, ha ammiccato un sorriso e timidamente (forse perchè ignorava la mia opinione in merito) ha sussurrato "Non ci penso minimamente".

Sergio è nato in provincia di Milano e vive da tempo a San Paolo. Lavora facendo traduzioni e insegnando l’italiano. E’ sposato con una ragazza brasiliana con la quale ha avuto dei figli. Tornerebbe in Italia? "Per divertirmi da turista e per riassaggiare la nostra cucina. Ma per vivere proprio no."

Nel mio caso, che ripeto non fa statistica, gli italiani che se ne vanno stanno benissimo e non tornerebbero indietro per nulla al mondo. Ed è difficile ammetterlo anche per chi affronta il problema senza paura di schierarsi criticamente contro il proprio paese.

La realtà

Quando torno in Italia in vacanza mi rendo conto che gli italiani sono come quelli che stando in una stanza che puzza dopo un po’ non sentono piu’ la puzza. Provate ad uscire dalla stanza e con orrore vi renderete conto che state vivendo un incubo.

E’ il commento al post de L’espresso di Antonello, un italiano che vive all’estero. Ed è quello che onestamente penso anche io. Ci siamo assuefatti alla puzza e non la sentiamo più, ma se per caso iniziamo a mettere la testa fuori un pò più spesso (per lavoro, amore  o altri motivi) quando rientriamo il puzzo ci prende alla gola e sembra soffocarci.

Sostanzialmente penso che esistano due livello di ragionamento differenti per affrontare l’argomento.

Quello della forma e della etichetta, ed allora ripetiamo che non si deve andare via e che andarsene è come arrendersi e che l’Italia ce la può fare e bla-bla-bla-bla.

Poi c’è il ragionamento fondato sulla realtà, sulle esigenze e sui problemi reali con i quali dobbiamo confrontarci ogni santo minuto di ogno santo giorno. E’ il livello-valigia, quello del biglietto sola andata.

Ad ognuno il suo.