Perchè L’Istinto di Sopravvivenza è Il Peggior Nemico Dei Blogger
Quando leggo Set Godhin, (blogger, autore e marketer di fama mondiale) provo quel sottile piacede di veder (de)scritti da qualcun’altro fasi della mia vita ed episodi ben precisi.
In particolare mi ha colpito come descrive l’influenza di quella parte di cervello più ancestrale (il cervello rettile o amigdala) nella nostra vita moderna.
Ho immediatamente associato questo tipo di conflitto ad alcuni aspetti del lavoro di un publisher online perchè sono convinto che sia proprio l’istinto di sopravvivenza, e quindi l’influenza del cervello rettile, il peggior nemico di ogni blogger.
Ecco qualche riflessione.
Ricerca del consenso
Nasce dal timore di non essere accettati nel gruppo, di non essere riconosciuti. Causa assiduo presenzialismo in barcamp, aperitivi, cene geek, eventi e chi più ne ha più ne metta.
Il rischio consiste nel perdere di vista i proprio obiettivi e confondere una naturale conseguenza di un buon lavoro (la popolarità) con lo scopo.
Cicli ossessivo-compulsivi nel quotidiano
Leggi la email, controlli Friendfeed, poi verifichi se hai incassato qualche retweet su Twitter, vedi se i tuoi followers sono aumentati, controlli Facebook, eventuali nuovi links ai tuoi post, poi cerchi su Google il tuo nome.
Fai una piccola pausa… ma poi ricominci… e rileggi la email, ricontrolli se qualcuno ha interagito con i tuo messaggi in friendfeed, guardi i profili dei nuovi followers di Twitter… e così via.
E’ causato dal desiderio avere influenza sul mondo esterno e non rimanere isolati, quindi a rischio di sopravvivenza. Comporta una tragica conseguenza; un crollo della produttività.
Progetti abortiti in partenza
L’attenzione viene considerata dalla parte più antica del nostro cervello come un pericolo. Immagina una tigre con i denti a sciabola che ti fissa mentre sei fuori dalla caverna… non è proprio tranquillizzante.
Milioni di anni dopo la cosa non è cambiata; molti progetti (anche buoni) vengono abortiti già nella testa dei publishers perchè l’amigdala, nel tentativo di rifuggere l’attenzione, ci induce a pensare che non siano validi e non abbiano chance di riuscita.
Esempio: intorno al ’98 pensai… che bello se potessi memorizzare i miei bookmark online per averli a disposizione su altri computer.
Mi convinsi da solo dopo aver perso molto tempo ad imbastire un piccolo progetto che fosse una minchiata pazzesca. Poi venne Delicious.
Paura del fallimenti
Immaginati davanti ad uno di quei bestioni preistorici con la lancia in mano, e di sbagliare l’unica chance di salvezza che hai. Una parte di noi considera il fallimento come la fine definitiva.
Nel nostro lavoro questa fobia ancestrale (quella di fallire) ci impedisce invece di considerare i fallimenti come tappe indispensabili per il successo. Chi dice di non aver mai fallito mente.
I fallimenti sono tentativi per capire come arrivare a destinazione. Per molti un fallimento induce a credere che non si sarà mai in grado di realizzare qualcosa di valido.
Che ne pensi? Hai episodi da raccontare?
Photo credit
Dinosauro: Joe Lena
Ahahah… il secondo punto “Cicli ossessivo-compulsivi nel quotidiano” è tremendamente vero. Nei primi mesi dalla creazione del mio blog controllavo le statistiche in modo ossessivo: come se la mia autostima di blogger dipendesse dal numero di iscritti al feed 😉
Gran bel articolo
Grazie Andrea 🙂
alla fine se non ci sono i contenuti…hai voglia a presenziare, twittare, controllare ecc. 😉
Non c’è dubbio Caterina 🙂
Il secondo è vero da far paura! Io ho aperto il mio blog da circa sei mesi. Ed ancora oggi molto spesso, quando non ho nulla da fare, mi faccio prendere da “Cicli ossessivo-compulsivi nel quotidiano”. Però non mi ha mai causato un calo della produttività, anzi. Un post scritto male mi ha portato scrivere sempre meglio.
L’articolo rispecchia la realtà comunque!
Anche per me quel tipo di ossessione è un mostro da combattere ogni giorno. Nel mio caso abbatte decisamente la produttività.
Ciao!
Lo spunto di questo post è interessante.
Tra l’altro, come ben saprai, molte delle considerazioni che hai fatto mi toccano molto da vicino, specie ultimamente.
Provo a sintetizzare quelli che secondo te sono i rischi in cui incorre il blogger, contrapposti a quelli che dovrebbero essere i comportamenti di successo:
a) mostrarsi agli altri vs farsi trovare dagli altri
b) controlli pull vs controlli push
c) non vedere vs vedere e prevedere
d) non fare vs fare e apprendere
Il primo caso secondo me non è sempre voluto ma in diversi casi è la punta estrema del naturale desiderio (o bisogno) di socializzare; per qualcuno invece è un mezzo e non una conseguenza.
Il secondo è strettamente legato al primo: parzialmente gestibile cercando di portare a noi gli aggiornamenti del life streaming degli amici, opportunamente filtrati con i vari metodi e strumenti che noi utenti evoluti già conosciamo e usiamo, seppur in maniera differente. Se anche questo accorgimento non ci aiuta (spesso per esempio capita di saturare le nostre capacità ricettive a causa dell’abuso di queste ottimizzazioni) allora abbiamo un grosso problema.
Sul terzo punto preferisco non aggiungere altro, altrimenti mi viene il magone per le cose che ho lasciato nei cassetti e poi scoperte da altre, anche se queste esperienze apparentemente negative hanno rafforzato in me l’idea non dico di essere un visionario (nel senso positivo del termine) quanto di avere una certa lungimiranza.
Per questo motivo (fortunatamente) non ho mai avuto paura di finire nel quarto caso.
Anche quello che dice Caterina è giustissimo, perché se sottraiamo troppo tempo alla produzione di contenuti per promuovere gli stessi, alla fine ci troviamo a non avere più nulla di nuovo da promuovere, quindi occorre trovare anche qui il giusto punto di equilibrio.
Robè, che popò di commento. Sembra un post nel post… fammi prendere un pò di tempo e ti rispondo degnamente (ci sarebbe da aprire un forum sull’argomento)
Bello come post, ovviamente quoto secondo punto, tranne che io me ne frego di twitter, di friendfeed di cercare mio nome e cosi via =)