Perchè Andar Via dall’Italia Non È Una Fuga

Ogni occasione è buona per rinfocolare l’eterno dilemma: rimanere in Italia e combattere per il cambiamento oppure andarsene a cercar sorte altrove?

Spesso noto un atteggiamento critico nei confronti di chi esprime il desiderio di cambiare aria stigmatizzando una decisione del genere come fuga, abbandono del proprio paese a se stesso, rifiuto di combattere per un miglioramento.

Penso sia sbagliato, ecco perchè;

1. E’ una questione di scelte, non di soprusi

scelteCollegare le situazioni difficili del nostro paese alla fazione politica che governa al momento sarebbe troppo semplicistico. Sono abbastanza smaliziato da evitare questi facili equivoci.

No, la colpa non è dei politici ma è di chi ce li ha messi. Cioè noi.

I governi ladri non esistono, esistono solo popoli immaturi che mandano al potere personaggi di dubbio gusto. Punto.

2. E’ una scelta di vita, non una fuga

Non mi si venga a dire che chi se ne va dall’Italia ha un attico a Times Square che lo aspetta. Spesso chi se ne va sceglie posti per certi versi peggiori.

Il Sud America ad esempio seppur con un serio problema di criminalità e sicurezza sociale  è una delle mete preferite da chi vuol cambiare aria. Come può accadere una cosa del genere?

E’ semplice; perchè non si fugge ma si sceglie consapevolmente di cambiare le circostanze nelle quali  vivere tentando di fare una valutazione complessiva di vantaggi e svantaggi del luogo che si lascia e quello che si trova.

Tanto di cappello verso chi ha coraggio di svincolarsi da dinamiche nelle quali non si riconosce.

3. E’ una questione di persone, non di cervelli

PersoneAltra asserzione che mi provoca un certo prurito: “I cervelli se ne vanno, creano brevetti all’estero e noi ci rimettiamo soldi“.

Veramente ad andarsene sono le persone, non  solo ì cervelli. Ne conosco di gente non laureata che se n’è andata definitivamente e non torna più.

Riguardo i cervelli leggiti Arrivederci, Italia: Why Young Italians Are Leaving (Arrivederci, Italia: perchè i giovani Italiani se ne stanno andando), un bell’articolo del Times Magazine pubblicato lo scorso Ottobre.

4. E’ una questione di matematica

L’Italia è stato un paese a crescita sotto-zero negli ultimi anni. Questo vuol dire che per molto, molto, molto tempo ancora avremo tantissimi vecchietti a cui dover pagare le pensioni con i contributi del lavoro di molti meno ex-giovani.

Che presumibilmente a causa di questo si vedranno limitate le possibilità di costruirsi una vita degna.

E’ uno scenario entusiasmante per mettere al mondo un figlio e farlo crescere in questo paese?

 5. E’ una questione di responsabilità, non c’è nessun cattivone da combattere

ScelteRimanere per migliorare che? Sconfiggere chi? Berlusconi? I fascisti? I comunisti?  No, cerchiamo di osservare la nostra storia per capire meglio noi stessi.

Qui in Italia non c’è nessun problema, è che siamo proprio così. Lo siamo sempre stati.

E questo ho inziato a sospettarlo già dopo la scuola, quando  pian piano mi sono accorto che molti dei luoghi comuni del nostro paese non corrispondono a verità.

Un caso esemplare: non è vero ciò che ho studiato per anni sui libri riguardo il fascismo, e cioè che gli Italiani erano vittime di Mussolini. Solo più tardi ho scoperto esattamente il contrario: gli italiani erano Mussolini! Erano tutti con lui, a parte qualche eccezione. E si dice che l’Italia ha girato a destra recentemente quando ideologicamente lo è sempre stata.

Noi siamo sempre stati dominati e questo ci porta a  cercar padroni, a delegare a qualcuno le responsabilità della nostra stessa vita, qualcuno col fascio in mano, con la tunica bianca, con falce e  martello oppure l’imprenditore-che-si-è-fatto-da-solo. Poi, quando ci accorgiamo che il meccanismo non funziona ci incazziamo e improvvisamente ce li facciamo diventare nemici da un giorno all’altro.

Diventiamo frustrati, la frustrazione genera paura e rabbia e da qui nasce l’intolleranza e la chiusura mentale che porta ad attaccarci l’un l’altro con la scusa della nazionalità, del dialetto, della fazione politica o della squadra calcistica. Adesso siamo proprio così: un popolo frustrato e non ci rendiamo conto che la nostra frustrazione nasce dal fatto di veder sgretolate per l’ennesima volta le speranze riposte in colui o ciò a cui avevamo affidato le responsabilità della nostra vita.

Vogliamo veramente cambiare?

Ma bene, allora inziamo da un punto: non si cambia la società con la politica, è il contrario.

Se cambiamo noi stessi ed iniziamo a prendere coscienza del fatto che

tutto ciò che succede nella nostra vita è una conseguenza delle nostre azioni o della nostra mancanza di azione

allora smetteremo di dar potere al fascio, alla falce col martello, alla religione (qualsiasi essa sia) o al fenomento di turno e determineremo dei cambiamenti così profondi da trasformare la politica come ovvia conseguenza.

Potremmo iniziare smettendo di criticare chi decide di vivere altrove ed auguragli piuttosto un grosso bocca al lupo? Se non siamo capaci di fare qualcosa di tanto civile ed elementare figuriamoci se possiamo metterci a cambiare il mondo…